Radicchio, un fiore che si mangia.

Sapresti dirmi di che colore è il radicchio?

Prova anche solo a immaginare quante sfumature di rosso e quante tonalità violacee si mischiano nelle venature del radicchio : il primo prodotto orticolo ad aver ottenuto, in tutta Europa, il marchio IGP.



Descrivere tutta la trafila  che il radicchio ha compiuto per potersi fregiare di questa preziosa denominazione sarebbe complesso.

È certo che, da quel 1996, il radicchio di strada ne ha fatto.

Raggiungere Treviso in occasione dell’evento “Radicchio d’Oro” è una vera opportunità. Ho avuto modo di scoprire l’autenticità e il valore di un prodotto tanto amato, raccontato da chi ha investito una vita intera nella promozione e nei progetti annessi alla diffusione, sia in area nazionale che internazionale.

Amo l’autunno, dovresti averlo capito. Ci credi se ti dico che l’impatto con le strade di Treviso è stato un colpo al cuore? Non potevo credere a quei colori.



Il giallo delle chiome degli alberi era così forte da far luce!

Quel giro in auto attorno alle mura della città è bastato per ricordare che l’autunno in Sardegna, semplicemente, non è autunno.

L’aria frizzante è una costante. Siamo in autunno, ma faccio un po’ di fatica ad abituarmi, sebbene non smetta di sorridere perché quelle foglie gialle, rosse e arancioni sembrano finte.


Passeggio qua e là per le strade soleggiate di Treviso. Incontro le cose normali che amo fotografare in ogni città: la piazza, le vie del centro, il mercato e qualche passante. Pranzo con 3 cicchetti di uova e tonno, mi scaldo a ridosso dei banchi della pescheria ormai chiusa e parto per Castelfranco Veneto.



È qui che i colori mi mandano letteralmente in tilt, ed è qui che,  a sera, assisterò alla consegna del premio “Radicchio d’Oro” a personalità illustri, imprenditori locali che potrebbero acquistare mezza Treviso, e personaggi dello spettacolo. Fra gli altri anche Katia Ricciarelli, che chiude il suo intervento sul palco con un assaggio de “Il Trovatore”. La platea ammutolisce; eravamo pur sempre in un teatro. Il bellissimo Teatro Accademico di Castelfranco Veneto.

L’indomani mi affaccio alla finestra, scorgo quell’albero meraviglioso dalla chioma immensa, spero non piova troppo e parto verso Zero Branco. 20 km di nebbia, campi coltivati e un campanile che attira l’attenzione della nostra guida: « Se la chiesa è aperta, entriamo. C’è una sorpresa!» Ad attenderci un altare, avvolto dal silenzio più glaciale del suo marmo, su cui campeggia una grande pala pittorica. La firma è di Lorenzo Lotto, i colori del maestro veneziano ci lasciano a bocca aperta.



Arriviamo nell’azienda Brognera.Mauro ci dice subito che Il radicchio ha tanta sete. Ogni cespo termina di crescere grazie a un costante apporto d’acqua, che viaggia silenziosa alla base delle casse in cui il radicchio è conservato per circa 10 giorni.



Il radicchio è vanitoso?

Dato che il passaggio successivo si chiama “toelettatura”, mi piace pensare che sia così. Del resto, la parte bella del radicchio, la stessa che noi mangiamo, è ben nascosta dalle foglie che lo hanno protetto durante la fase precedente.




Per ottenere il vero radicchio, è necessario scartare dal 70 all’80% del prodotto!

A questo punto la fame è arrivata. Che si tratti di radicchio rosso di Treviso IGP tardivo, precoce o radicchio variegato di Castelfranco IGP, poco importa. Sono curioso di conoscere il menu a base di radicchio che degusterò di lì a poco.

Un menù a base di radicchio lo immagino amaro, ma solo perché non mi sono mai cimentato nelle ricette che il radicchio lo trattano come un ottimo e versatile ingrediente.

Lo chef, giovanissimo, propone persino il dessert a base di radicchio! Ci racconta di aver rivisitato un dolce di Massimo Bottura: una crostata volutamente rotta, con all’interno un composto di radicchio, accompagnato da una crema deliziosa; troppo per chiedermi o chiedere di cosa fosse fatta. Chiudono il dolce momento gli zaeti, biscotti tipici, qui ovviamente col radicchio. Deliziosi.


 


Una lunga giornata che concludo degustando ottimi vini presso la Cantina Pizzolato.

Arrivo all’imbrunire ma riesco a percepire che questa cantina ha qualcosa di diverso. Il corpo centrale è ricoperto da eleganti assi in legno. Una dimensione avveniristica che trova conferma non appena ascolto la filosofia dell’azienda.



Siamo a Villorba, nella zona del prosecco DOC, a una manciata di km da Treviso.

Nel 1981 Settimo Pizzolato ha scelto di convertire l’azienda agricola del padre. Ha iniziato a produrre i vini ma a una condizione:

i vini sarebbero stati biologici.

Così, ottenuta la certificazione, la cantina ha ottenuto consensi, fama e popolarità, in virtù di una super qualità.

Nel 2018 sono state stappate 5 milioni di bottiglie. Le idee continuano ad animare questa cantina alimentata grazie all’energia solare. Un impatto ambientale ridotto al minimo, mentre quello sui palati degli amanti del vino, invece, è sempre più forte! Eventi, degustazioni e relax. Il passaggio alla Cantina Pizzolato è un’esperienza, magari breve come la mia, ma ne vale la pena.



L’indomani mi risveglio a Treviso. Sorrido mentre penso a quel sentore di mela verde degustato nel prosecco di Pizzolato, io che non ho mai riconosciuto un singolo profumo o nota agrumata in nessun vino 🙂



Lascio le strade del radicchio, guardo ancora una volta le foglie di quegli alberi che tingono d’autunno la città e la riflessione romantica è d’obbligo: anche io, nascendo in pieno Rinascimento, avrei voluto essere stregato da quei colori così come, senz’altro, dev’essere accaduto ai maestri del tonalismo.

A presto 🙂

 

 

 

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